Il modo in cui la politica e le istituzioni territoriali hanno “sfruttato” la visita del Presidente della Repubblica Mattarella in città è sintomatico della considerazione che si ha del territorio.
Ieri bisognava ricordare il sacrificio di questa terra nella liberazione dal nazifascismo, quel movimento che in due anni ha ridato speranza a un paese oppresso da vent’anni di dittatura e da un occupazione militare criminale. Bisognava stringersi alle parole del Presidente in quella preghiera laica di democrazia e alti valori morali ed etici. Nient’altro.
Invece in pochi minuti abbiamo assistito all’ennesima offesa al territorio di un sindaco che ha usato quel pulpito per perpetuare la sua campagna elettorale, di un presidente di regione, De Luca, che ha negato il dramma ambientale in corso relegandolo a un ricordo del passato e affermando che Acerra “è uno dei territori più monitorato d’Italia dal punto di vista dell’inquinamento, dei suoli, dei corsi fluviali, dell’atmosfera” e infine di un ministro degli Esteri -eletto in modo plebiscitario in questo collegio- che al termine della cerimonia si è riunito in privato col suddetto presidente di regione probabilmente per stringere l’imminente entrata in giunta del fu M5S.
Un teatrino consumatosi tra strette di mano, applausi e sorrisini mentre all’esterno la città continuava a subire il proprio dramma ambientale o piangeva, proprio a pochi passi dal castello baronale, l’ennesima vittima di questo territorio.
Mi sarebbe piaciuto che la politica si fosse accodata allo spirito del Presidente della Repubblica, che nel ricordare quella resistenza di 79 anni fa in città si rimarcasse quella attuale (diversa nelle forme e nelle finalità); avrei voluto che il sindaco della mia città invece di un discorso scevro (in parte scopiazzato da quello all’umanità di Chaplin) avesse preso la lettera di Giovanni de Laurentis, che contiene in sé un manifesto umano di resistenza e realismo, e letta dinanzi a quella platea e alla nazione.
Per combattere il male non bisogna mai negarlo, che esso sia di natura militare, ambientale o culturale altrimenti il rischio è quello dell’assuefazione, di considerare normalità ciò che non potrà mai esserlo. Lo hanno capito i nostri nonni circa 80 anni fa e lo dovremmo ricordare noi.
Acerra è terra di resistenza, di lotta, di bellezza, agricoltura e cultura, ma tutto ciò si esalta liberandola effettivamente dai suoi mali, non negandoli.