Un anno di COVID, la lezione ancora da imparare

Immagina di vivere la tua vita di sempre, quella caratterizzata dal frequente dinamismo sociale, dalle routine movimentate e dai mille problemi che quotidianamente imperversano le nostre esistenze. Ecco, questa è la prospettiva di un mondo che adesso appare lontano da noi e che ogni giorno desideriamo, affinchè ci raggiunga in fretta, per goderci anche quelle azioni banali che tanto ci caratterizzano. Però questa forma di banalità presente nel quieto vivere comune, oggi rappresenta un quadro sul quale ragionarci sopra, perché quell’ordinarietà rimarca la linea di confine che divide l’osservatore da quella rappresentazione in cui non ci è consentito, almeno per adesso, di identificarci all’interno di essa.

È passato circa un anno da quel traumatico lockdown, il primo tra i tanti seguiti in Italia e in tutto il mondo, eppure la prospettiva di un ritorno alla quotidianità alla quale eravamo abituati, risulta ancora distante per essere acciuffata.

In tutto questo tempo, possiamo affermare di aver vissuto un periodo che in qualche modo è stato anch’esso assorbito, nonostante l’immobilismo sociale dovuto all’espansione dilagante di questo virus che, seppur in poche occasioni, è riuscito ad unirci, creando una coscienza collettiva in grado di riconoscere in tutti noi l’appartenenza ad un gruppo che subisce la stessa sorte, senza alcuna eccezione.

Ad ogni modo, quando terminerà questo periodo drammatico, potremo affermare di avere una storia da raccontare.

Racconteremo che per la prima volta, un paese intero ha cantato all’unisono l’inno italiano dai propri balconi, racconteremo di aver trovato un potenziale umano prima di allora sconosciuto, racconteremo di aver pianto i morti di persone, magari anche lontane da noi dal punto di vista del legame affettivo, ma che in quel momento abbiamo pensato che potesse essere una nostra madre, un nostro fratello, un’amica.

È vero, ci sono stati tanti esempi negativi, ma non voglio parlare di questo.

Gli esempi dai quali dobbiamo trarre insegnamento, sono e sempre saranno quelli positivi, perché da loro dobbiamo ricavare la forza per spingerci a compiere azioni connesse al fine più nobile di tutti: essere solidali verso il prossimo.

Questa nobiltà la possiamo riscontrare nell’opera compiuta da diverse categorie lavorative, ma anche quelle sociali.

Mi vengono in mente i nostri operatori sanitari, i nostri conclamati Eroi di questa pandemia, i nostri “soldati”, presenti in prima linea sul fronte fin dall’inizio, esposti ad un rischio che ha colpito almeno una persona a noi cara. Ecco, a loro vanno i migliori elogi di un paese che ha sofferto e che non gli ha mai riconosciuto gli sforzi fatti. Ed è superficiale sottolineare il loro operato dicendo che fanno semplicemente il loro mestiere, perché in gioco c’è la nostra vita, e sappiamo benissimo che la salute è il bene più prezioso di tutti.

Sono presenti a questo appello le forze dell’ordine, che nonostante le pressioni sociali dovute ad una crisi che ha colpito quasi ogni settore lavorativo esistente, sono riusciti ad impedire una situazione generale caotica e difficile da contenere, soprattutto in diverse occasioni, che hanno visto la disperazione della gente avanzare le loro pretese per reclamare un sostegno da parte di uno Stato che ha dovuto fare i conti soprattutto con i problemi di natura economica, dunque lavorativa.

Altra categoria fondamentale all’interno della nostra società è quella degli insegnanti. A loro è affidata da sempre la formazione di ciò che sarà la società del futuro, e se prima le difficoltà in questo settore erano molteplici, con l’avvenire e il susseguirsi della pandemia, il settore scolastico e universitario è andato in profonda crisi, la quale vedrà il suo apice non oggi, bensì tra qualche anno. A subire la peggio ovviamente sono gli studenti, perché non soltanto non hanno l’occasione di socializzare in maniera attiva con i propri compagni di classe, ma l’accrescimento del proprio bagaglio culturale in un’età fondamentale per la formazione di una persona, in questo contesto storico risulta alquanto esposto a rischio.

Se gli elogi a queste categorie lavorative sono un modo per individuare i tratti identificativi di questo momento complesso, non si può non menzionare tutti gli altri settori coinvolti e schiacciati dalle conseguenze causate dal Covid-19: essi rappresentano le vere vittime economiche di questo dramma. A loro va il pensiero più affettuoso, perché non fa bene a nessuno vedere le saracinesche chiudere per sempre, e non c’è bisogno di subire il fenomeno per percepire la sofferenza di chi non riesce più a mettere il pane sulla propria tavola. Proprio per questo lo Stato dovrebbe farsi carico di tutte le responsabilità del caso, per sostenere tutti, dal singolo individuo all’ultimo commerciante, parrucchiere, artigiano, barista, attore, fotografo, cantante, insomma, tutti coloro i quali affidano la loro sussistenza basandosi sul sistema delle entrate economiche.

In tutta questa riflessione possiamo anche includere una certa dose di ottimismo. Forse oggi possiamo permetterci di alzare quel piede ancorato ad un presente fermo ancora a Marzo 2020, e questo grazie all’arrivo dell’unica arma in grado di annientare questo male presente in ogni parte del pianeta: i vaccini.

È inutile entrare nel merito di una questione che non andrebbe neanche discussa, perché le ipotesi complottistiche non possono godere della mano speculatrice di chi non crede alla forza di un progresso scientifico, capace di trovare soluzioni ad un problema che ha causato milioni di morti.

È difficile prevedere quando avverrà il momento in cui potremo liberare il nostro grido di gioia e di liberazione da questa serie di problemi connessi alla paura di chi vuole preservare la propria vita in termini di salute. Siamo tutti vittime dirette e indirette di questa violenta epidemia, e non bisogna sottovalutare neanche del fattore psicologico.

È un dovere nostro inchiodare questo periodo che stiamo non subendo, bensì vivendo, perché anche il dramma fa parte della vita, e forse è addirittura la componente più presente del nostro viaggio, solo che adesso ci accomuna tutti ed è inevitabile trarre insegnamento da questa esperienza, maestra anche di valori.

È vero, forse non ne usciremo migliori, ma almeno impareremo a riconoscere le difficoltà comuni a tutti.

Solo dopo aver fatto questa riflessione e aver assorbito dentro di sé questa gigante esperienza, potremo finalmente concederci a quella forma di banalità quotidiana che tanto invochiamo e che anch’essa merita di avere spazio nella nostra vulnerabile vita.

Christian Gargiulo

Autore dell'articolo: Christian Gargiulo

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