“Non sarà uno sportivo che cambierà la brutalità della polizia”, ma gli sportivi professionisti hanno il potere, e quindi la responsabilità, di sollevare la questione” in un intervista la New Yorker, Michael Bennett, giocatore dei Philadelphia Eagles e autore del libro “Cose che fanno sentire a disagio i bianchi”, si trovò così a rispondere a un tema che da anni era fonte di dibattito negli Stati Uniti.
Tutto iniziò il 1 settembre 2016 quando nel Qualcomm Stadium di San Diego, in California, uno sportivo, Colin Kaepernick, s’inginocchiò per la prima volta. Come consuetudine statunitense prima di ogni avvenimento sportivo venne suonato l’inno nazionale, con gli atleti in piedi, mano sul cuore e canto a squarciagola. Quella volta non andò così, almeno per Kaepernick che poggia un ginocchio a terra richiamando un gesto iconico di Martin Luther King; a fine match dichiarerà “non ho intenzione di mostrare il mio orgoglio nei confronti della bandiera di un paese che opprime i neri e le persone di colore. Per me, questo è più grande del football e sarebbe egoista da parte mia voltarmi dall’altra parte. Ci sono i corpi di persone morte nelle strade” riferendosi agli afroamericani uccisi dalla polizia che anche in quegli anni di amministrazione Obama continuavano ad subire continui soprusi.
Nelle settimane successive il suo gesto fu ripetuto da molti atleti ogni volta con un seguito di polemiche come avviene adesso in Italia. Per quel gesto simbolico Kaepernick viene emarginato dalla Nfl, la National football league, la principale lega professionistica nordamericana di football, e si ritrova senza un contratto.
Nel settembre 2017, il neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump, durante un comizio in Alabama, stato fortemente repubblicano, riferendosi alla vicenda affermò “non vi piacerebbe vedere uno dei padroni della Nfl, quando qualcuno manca di rispetto alla nostra bandiera, dire: ‘Togliete subito quel figlio di puttana dal campo, fuori, è licenziato. È licenziato’”.
Dopo 5 anni Kaepernick si trova ancora senza contratto, ma il suo gesto ha segnato uno spartiacque nel mondo sportivo, rendendo gli atleti non solo automi ma uomini.
Giu. Ru. – Mi. Pa.