Mai più revenge porn

Con l’espressione revenge porn si intende la creazione consensuale di immagini intime o sessuali all’interno di un contesto di coppia e la non consensuale pubblicazione delle stesse da parte di uno dei membri, finalizzata a vendicarsi della rottura spesso burrascosa della relazione intima.

Tale espressione è utilizzata nel linguaggio comune, soprattutto giornalistico, in senso più ampio anche per indicare ogni forma di diffusione non consensuale di immagini pornografiche o comunque aventi un contenuto sessuale, a prescindere quindi dalla pregressa esistenza di una relazione sentimentale ovvero dalla finalità ritorsiva di colui che pubblica le immagini. Nell’ordinamento italiano non esiste una autonoma fattispecie di reato volta a sanzionare tali condotte. Diversamente sono le fattispecie incriminatrici già previste a legislazione vigente, in base alle quali condotte riconducibili al fenomeno del revenge porn sono state o potrebbero essere sanzionate.

La fattispecie alla quale la pornografia non consensuale è stata ricondotta con più frequenza in dottrina e in giurisprudenza è il reato di diffamazione. La pubblicazione illecita di video o immagini sessualmente esplicite non risulta però sempre del tutto sussumibile all’interno di tale fattispecie, nella parte in cui, in primo luogo, la lesione più che interessare la reputazione della vittima, riguarda altri interessi, quali la tutela della riservatezza.

A ciò si aggiunga che la diffamazione presuppone la “comunicazione con più persone”, non potendo quindi trovare applicazione nel caso in cui la prima condivisione avvenga solo tra due individui. Un ulteriore strumento di tutela potrebbe essere ravvisato nell’illecito trattamento dei dati personali, il quale sanziona la diffusione di dati personali che rechino nocumento alla vittima.

Così come il reato di stalking, anche se tale fattispecie non consente una piena sanzione di tutte le ipotesi di revenge porn nella parte in cui sono richiesti ulteriori elementi costitutivi che spesso non ricorrono nei casi di divulgazione non consensuale di immagini hard. Tra le ulteriori fattispecie che possono potenzialmente tutelare le vittime si può segnalare il reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente, che sembrerebbe idonea a trovare applicazione nella parte in cui fa riferimento a “incontri privati” anche se solo limitatamente ai casi in cui la ripresa è “compiuta fraudolentemente”.

Da ultimo la pubblicazione illecita di immagini o video sessualmente espliciti laddove compiuta da soggetti terzi e limitatamente ad immagini attinenti alla vita privata in ambito domiciliare, potrebbe integrare il reato di interferenze illecite nella vita privata. Concludendo la disamina della normativa vigente è opportuno sottolineare come una ulteriore fattispecie di reato può venire in rilievo nel caso in cui le immagini o i video oggetto della pubblicazione illecita riguardino minori. Per introdurre nel codice penale una fattispecie ad hoc, volta a sanzionare il fenomeno del revenge porn, è all’esame del Parlamento un disegno di legge che consta di tre articoli.

L’articolo 1 sanziona con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni la condotta di chiunque pubblica attraverso strumenti informatici o telematici, senza l’espresso consenso delle persone interessate, immagini o video privati sessualmente espliciti, con l’intento di causare nelle persone offese gravi stati di ansia, di timore e di isolamento. La disposizione prevede poi alcune circostanze aggravanti speciali. In particolare la pena è aggravata se la pubblicazione illecita è commessa dal coniuge, anche separato o divorziato, e se in conseguenza del fatto deriva la morte, quale conseguenza non voluta del reo.

L’articolo 2 riconosce la facoltà in capo al soggetto offeso di inoltrare al titolare del sito internet o del social media la richiesta di oscurare, rimuovere o bloccare le immagini o i video privati sessualmente espliciti diffusi senza il consenso dei soggetti coinvolti.

L’articolo 3, infine, prevede, che entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge, il MIUR adotti linee guida per la prevenzione nelle scuole del delitto di diffusione di immagini sessuali senza consenso, da aggiornarsi con cadenza biennale, anche attraverso la collaborazione della polizia postale.

Francesco Urraro

Senatore Movimento 5 Stelle

Autore dell'articolo: Francesco Urraro

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