La domenica del Marchese: DON MIMI’ FATIGATI, un sacerdote perbene

Tratto da una relazione del prof. Guido Crispo, riporto il testo integro e di rara bellezza emotiva.
DOMENICO FATIGATI è nato ad Acerra (NA) il 12 gennaio 1918 da genitori coltivatori diretti, il padre Salvatore e la madre Chiara TARDI. Ultimo di sei figli: cinque maschi ed una femmina.
Ben presto egli avvertì la “chiamata” del Sacerdozio, appena compiuto il ciclo della scuola elementare fu avviato nel Seminario di Aversa ed in quello di Benevento, dove qui ha compiuto i suoi studi formandosi culturalmente e spiritualmente.
Fu ordinato Sacerdote nella Cattedrale di Acerra giorno 29 giugno 1944 da Mons. Nicola Capasso. Nei suoi primi anni di Sacerdote, in qualità di Viceparroco della Parrocchia Maria SS. Del Suffragio in Acerra, ha diretto in modo esemplare il numeroso gruppo dei giovani di Azione Cattolica, dando loro una guida morale e spirituale dedicandosi con amore e con tutta la passione, svolgendo accuratamente il ruolo affidatogli. I disegni di Dio nei suoi confronti però erano altri, gli fu affidato il compito di Mansionario della Cattedrale di Acerra. Coprì l’incarico di Professore di Matematica nel Seminario Vescovile per la Scuola Media in Acerra.
Lasciò la sua città di origine per raggiungere Catanzaro, dove fu Docente di Matematica e Scienze presso il Seminario Regionale.
Nel 1959, in seguito ad una grave malattia ritornò nel suo paese nativo. Dopo un lungo periodo di degenza, durato oltre sei mesi presso l’ospedale Ascalesi di Napoli, in seguito ai molteplici accertamenti clinici fu sottoposto ad un delicato intervento chirurgico asportandogli la tiroide.
Superata con fatica il periodo buio per le sue precarie condizioni di salute, a distanza di qualche anno, riprese la sua attività in qualità di Docente di Religione, prima presso l’Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato “Casanova” di Napoli, sede coordinata di Acerra, in via Flavio Gioia, poi passò alla Scuola Media Caporale di Acerra, dove ha coperto per alcuni anni l’incarico di Vicepreside.
Fu nominato Cancelliere della Curia Vescovile di Acerra, seppe curare magistralmente i rapporti con i Delegati Apostolici quando nella sede del Palazzo Vescovile mancava il vero Pastore.
Ciononostante il lungo periodo buio che attraversasse la Diocesi per la mancanza del Vescovo in sede, (circa 12 anni) egli seppe trarre ugualmente dei benefici per il popolo di Dio; nascevano infatti, realizzazioni di opere di culto religioso come la Parrocchia di S. Giuseppe al rione Madonnelle con relativa casa canonica; l’impegno e la sua massima attenzione non mancò per la realizzazione della nuova Parrocchia di S. Pietro, come d’altronde seppe prestare le sue energie e la sua collaborazione per il completamento della Parrocchia S. Alfonso Maria dè Liguori in Acerra.
E’ stato Canonico Penitenziere della Cattedrale. Ha avuto modo di conoscere e trattare con molteplici personaggi noti e meno noti del mondo Ecclesiastico e per la Diocesi di appartenenza, ognuno con caratteristiche diverse. Spesso, durante i nostri incontri quotidiani, mi ha trasferito tanti suoi ricordi, anche di tanti suoi superiori e confratelli, per qualcuno anche in modo molto dettagliato, iniziando dall’Eccellentissimo Mons. Nicola Capasso Vescovo: persona definita molto coraggiosa, descrivendomi alcuni particolari dell’epoca su alcune gesta di questo Prelato nel periodo di guerra che l’Italia attraversava, mi ha parlato dell’allora Vicario Generale Mons. Stompanato. Ripercorrevo assieme a lui la figura di S. E. Mons. Longo, dell’Amministratore Apostolico della Diocesi di Acerra: S. E. Mons. Guerino Grimaldi e tante altre persone. Non mancava parlarmi di tanti suoi confratelli, evidenziandomi la loro bravura. Voglio bene a tutti mi diceva, c’è una stima ed un rispetto reciproco che mi spinge a lavorare con piacere anche al loro posto. Non importa se entra o meno nelle mie mansioni, lo faccio per il cammino e la crescita della Chiesa, della “mia Chiesa” mi diceva convinto, né sono il tipo che guarda alla difesa del proprio territorio.
Negli anni trascorsi insieme, spesso si parlava positivamente dei suoi confratelli, scendendo anche in molti particolari, quasi da fare una “radiografia” per ognuno di loro e che mi affascinava sentirlo, e nel contempo ero onorato stargli accanto. Scoprendo qualche altarino senza nessuna presunzione, traspariva ad esempio il suo fiore all’occhiello: Don Gennaro Pascarella, l’amato suo Don Gennarino, attuale Vescovo di Pozzuoli, ancor prima ad Ariano Irpino e Lacedonia, come d’altronde non si potevano toccare alcuni pilastri: Don Giannino D’Alise: attuale Vescovo di Caserta, Don Nello Crimaldi: attuale Vicario Generale della Diocesi di Acerra. Scorreva felice il suo elenco, come fossero per davvero i suoi gioielli: Don Pierino Cioffi: estinto, Don Ciccio Perrotta, Don Giancarlo Petrella, Don Luigi De Lucia che definiva (Gigione) per la sua alta statura. Non erano però da meno gli altri, l’amico fraterno e confratello in ogni suo momento particolare, specialmente sugli ospedali, il primo a farsi presente è stato sempre Don Salvatore Petrella. Don Domenico Fatigati, emanava dai suoi pori la gioia quando veniva qualcuno a fargli visita, sia in Curia, sia in ospedale, sia alla propria casa. Amava tutti indistintamente, guardava con occhio particolare al prete giovane, collocandolo al futuro della Chiesa in generale ed in particolar modo alla “sua Chiesa in Acerra”: Don Luigi Razzano, Don Michele Grosso, altri giovani preti anche di altre Foranie e qualche diacono senza però dimenticare il suo ex alunno: Don Peppino Crisci; nutriva affetto per Don Domenico Papa, per Don Gregorio, per Don Oreste Santoro. Dai suoi discorsi si rilevava l’atteggiamento familiare che aveva verso i confratelli dal nomignolo che gli attribuiva, infatti, nella sua spontaneità di gusto, nella sua fratellanza si sentiva più intimo chiamare Don Ciccio, non Don Francesco, Don Nello, non Don Cuono, come Don Giannino, don Gennarino, Don Pierino, ecc. Dai suoi discorsi, dalle sue tante confidenze rivoltemi, trasparivano sempre quei nobili sentimenti che da sempre lo hanno caratterizzato: bontà, generosità, onestà e disponibilità immensa. Mai rilevata traccia di arroganza, superbia, violenza o autorevolezza, lo zio mi faceva osservare che non contano molto i titoli, non contano tanto le ricchezze ma conta ciò che senti dentro e stare lontano da ogni miseria morale.
Nell’aprile del 1978 la Chiesa di Acerra ebbe finalmente un suo Pastore: S. E. Mons. Antonio Riboldi Vescovo. Il quale ben presto intuì in Don Domenico Fatigati particolari qualità che lo distinguevano, e ben presto lo nominò Vicario Generale della sua Diocesi; ruolo confermatogli anche dal Vescovo Giovanni Rinaldi, succeduto a Mons. Antonio Riboldi, dimessosi per raggiunti limiti di età.
Don Domenico Fatigati, durante il periodo di Episcopato di Don Riboldi non gli sono mancati periodi lunghi e meno lunghi di ricoveri ospedalieri, dovuti a carenze di salute, ha subìto infatti vari interventi chirurgici, quelli più significativi furono nel 1983 presso l’ospedale S. Maria delle Grazie in Nola e nel 1990 presso l’ospedale civile di Caserta, nel reparto di unità coronaria dove gli fu impiantato il Pace-maker al cuore. Il coraggio e la forza per affrontare gli inevitabili appuntamenti per interventi chirurgici erano supportati in modo solido e determinante dal sottoscritto, la mia vita è stata trascorsa per circa 25 anni accanto a lui. In certi momenti, sia in ospedale che a casa, si è divisa addirittura la stessa stanza, lo stesso letto, lo stesso cuscino per meglio accudirlo. Prima di partire per gli ospedali o per qualsiasi visita medica, mi chiedeva il sostegno completo, cui ho sempre risposto con tutte le mie forze e con massima disponibilità alle sue esigenze, alle sue cure, con quella stessa carica umana, coronata di bontà, con lo stesso amore che egli era abituato ad offrire verso i suoi consimili ed in special modo nei confronti miei e della mia famiglia. Convivendo, è scontato che anche lui ha vissuto parte delle mie stesse emozioni e quelle di mia moglie quando sono nati i miei figli: Maddalena e Gaetano. Lo zio si è tanto prodigato per loro, con tanto affetto, con premura, collaborando incisivamente alla conduzione morale dell’intera famiglia e di quanti lo conoscevano. I miei figli gli hanno saputo rispondere con lo stesso amore. Non trovo parole per ringraziare il Signore per aver ricevuto un simile dono: di essere stato accanto ad una persona validissima. Egli era dotato di una generosità immensa, sapeva trattare ed amare ad ognuno, nessuno escluso. Mi parlava di Don Mimì Cirillo, di Don Vincenzo Marletta, dei Padri Oblati, dei Barnabiti ed in particolare dei Padri Cappuccini di Arienzo, quando trascorreva ore liete nei periodi estivi assieme all’allora in vita Padre Ludovico e con Padre Serafino Migliore; quest’ultimo è stato suo Confessore che prima del suo decesso, per motivi di salute trascorse un periodo presso l’infermeria di S. Eframo Vecchio in Napoli. Proprio pochi giorni prima che lo zio lasciasse questa terra inviò i suoi saluti, tramite me, a questo monaco, approfittando della visita sistematica che solitamente facevo nei momenti forti: Natale, Pasqua ed in altri momenti significativi dell’anno. Gli incarichi ricoperti dallo zio sono stati molteplici: Canonico Arciprete della Cattedrale, Legale Rappresentante e Amministratore del Seminario Vescovile di Acerra, Incaricato F.A.C.I., Membro del Consiglio Presbiterale, Membro del Collegio dei Consultori. Era il riferimento ed il conforto di tutti e per tutti, i suoi stessi confratelli, oggi possono affermare più di me, soprattutto la sua onestà, il suo lavoro, il suo impegno prestato con la massima attenzione e dedizione, con trasparenza e soprattutto sempre con il sorriso sulle labbra. Negli ultimi anni, oltre a stargli vicino in casa, ho avuto l’onore di stargli vicino anche con la scrivania, durante le ore trascorse in ufficio presso la Curia Vescovile di Acerra, in quanto presi un impegno nell’anno 1996 di sviluppare un progetto “Informatico” per nome e per conto della Diocesi, ovviamente voluto dal Vescovo Riboldi per far nascere l’Ufficio C.E.D. (Centro Elaborazione Dati), una mia creatura a cui mi dedicai con totale passione, con spirito di servizio pieno, fu un trionfo. Quest’ufficio divenne la palestra delle mie attività quotidiane, godevo della piena approvazione del vescovo Riboldi, del suo Vicario Don Mimì e dell’intero Clero acerrano. Ancora oggi tale ufficio vive di massimo splendore e risulta un riferimento valido e prezioso all’intera Diocesi. Anche la C.E.I. ne fu entusiasta del lavoro portato a termine con pieno successo.
Non ero solo assieme allo zio in ufficio, ma anche l’allora Cancelliere Don Gennaro Pascarella . Si possono facilmente dedurre i momenti significativi condivisi in casa e fuori casa. Oltre ad essere mio zio acquisito, era la mia guida spirituale, era la luce dei miei occhi, che oggi spero tanto che mi restassero almeno i riflessi di quello splendore per non inciampare in questo buio mondo. Persona di rara qualità e di eccellente cultura che oggi difficilmente si incontrano.
Sono onorato di aver avuto il privilegio di stare accanto ad un uomo che non sapeva trasferire odio, né rancore, ma dal suo luminoso volto ho sempre notato che si sprigionasse dolcezza, amore e tanta bontà.
Il giorno 3 agosto 2000, affaticato e stanco, ha rassegnato le proprie dimissioni, già furono presentate circa sette anni prima, per raggiunti limiti di età ma non accettate dal Vescovo Riboldi, ritenendolo valido, pregandolo di rimanere al proprio posto e svolgere lo stesso ruolo. Egli, come da sua caratteristica, non oppose resistenza, con obbedienza continuò il suo lavoro. Questa volta però (3/8/2000) i segni di una carenza salutare erano più che evidenti, per cui, il suo Ministero di Sacerdote fu rivolto solo presso l’Istituto Suore San Giuseppe, presso cui ogni mattina celebrava la Santa Messa fino al mattino precedente la sua dipartita. Un ultimo segno tangibile della sua obbedienza è stato alla vigilia di Natale, la sera del 24 dicembre 2000, (appena cinque giorni prima del trapasso) quando il Vescovo Diocesano: Giovanni Rinaldi si è recò a casa di Mons. Fatigati, invitandolo a prestare ancora la sua opera di culto religioso presso la Cattedrale di Acerra in qualità di “Penitenziere”. Lo zio prete accettò l’incarico senza alcuna riserva, si rese disponibile ed obbediente, come era suo solito, ma nessuno sapeva che il Padre Celeste stava preparando per Domenico Fatigati -Sacerdote- il “Passaporto per l’Eternità”, il “Passaporto per il Paradiso”. Pur avendo i suoi acciacchi, la notizia impressionò a tanti, anche perché la sera prima della sua dipartita concelebrava e festeggiava sull’altare della Chiesa Cattedrale in Acerra i settant’anni di Sacerdozio del Cardinale Giuseppe Casoria, trascorrendo una serata ricca di impegni e di ricordi, circondato da volti amici che sedevano accanto a lui, come Don Fernando Felici, Don Pierino Cioffi, Don Riboldi e tanti altri non solo del clero ma anche del mondo laico con cui c’era un rapporto di stima, di rispetto reciproco e di immensa “fiducia”.
Oggi, io, angosciato per la perdita del caro zio, accetto pienamente il disegno di Dio e le mie ginocchia si piegano, condividendo ciò che il “grande” Vescovo Antonio Riboldi ha scritto a tergo della pagellina dello zio, in occasione del trigesimo avvenuto giorno 29 gennaio 2001 che oso riportare solo qualche rigo: Tu o Dio conosci quanto egli amò la “sua” Chiesa di cui fu servo obbediente fino alla morte. Dio, nella tua infinita misericordia donagli quella pace che hai promesso ai tuoi servi fedeli.
Sì, un servo fedele della Chiesa, non solo fedele ma anche obbediente e generoso, umile ed intellettuale, attento alla preghiera ed alla famiglia. Dote queste, che raramente si riscontrano negli uomini comuni. Ha lasciato questa terra per il ritorno al Padre Celeste il giorno 29 dicembre 2000, Anno Giubilare, con lui se ne è andato un fazzoletto di storia vivente, vissuta e lacrimata. Per quanti hanno avuto modo di stargli accanto, averlo conosciuto, possono oggi apprezzarne le doti di Don Domenico Fatigati, un caro amico di tutti. Io, umile erede di questa grande colonna, fiume di bontà infinita e di tanta sapienza, farò del mio meglio rappresentarlo degnamente, laddove possono arrivare le mie scarse possibilità.
Potrei scrivere chissà quante pagine su questo Sacerdote, perché stare insieme per anni, inevitabilmente diventi conoscitore di molteplici eventi preziosi derivanti dai tanti fotogrammi trasmessimi. Mi fermo qui, portando gelosamente nel mio cuore l’intera radiografia di persone che lo hanno circondato e che lui ha ritenuto opportuno trasferirmi. Ebbene, ogni persona ha un proprio scrigno in cui depone i propri segreti, le proprie gioie, le proprie angosce; molte volte però questi contenitori si svuotano, senza renderli di dominio pubblico, ma solo poggiati sul tavolo di famiglia, farli conoscere, ereditarli, continuando la storia ed averne la tracciabilità, analizzarli con particolare cura e trarre poi le conclusioni personali che portiamo con noi per tutta la vita.
Chissà se un giorno posso essere illuminato a scrivere un libro, ma se lo scrivessi sicuramente molte pagine le dedicherei a questo zio prete così semplice, così buono che ha condiviso con me la migliore parte della sua esistenza e dove io ho speso con sommo piacere la migliore parte della mia vita dedicandomi con pieno spirito di abnegazione a lui. Lui che mi ha trasferito con generosità le sue emozioni, i suoi nobili sentimenti ed anche qualche suo segreto come ogni persona può conservare. Prima di considerarlo “Prete” lo considero un “Uomo”, un grande uomo, e come si dice: “I grandi uomini non muoiono mai”. E’ vero, mi manca, mi manca proprio tanto, ma grazie a lui, ai suoi insegnamenti, trovo ugualmente la forza di proseguire il mio cammino, un cammino di fede che lo zio conosceva e ne godeva nella totalità, trovando conforto nella preghiera, affidandomi pienamente al volere di Dio, affinché Lui, solo Lui può proteggermi da qualsiasi cattiveria radicata nell’umana specie.

Il 1° Aprile 2005 mia moglie: la professoressa di Lettere Chiara Fatigati a soli 55 anni tornò al Padre Celeste (io ne contavo 57). Un giorno raggiungerò lei, lo zio prete e tanti dove non si verseranno più lacrime, dove non si oscurerà più il cielo, dove il nostro abbraccio entra perfettamente nell’eternità.

Foto dall’archivio del Dott. Gaetano Crispo

Autore dell'articolo: Vincenzo M. Pulcrano

1 commento su “La domenica del Marchese: DON MIMI’ FATIGATI, un sacerdote perbene

    Giuseppe Gallo

    (21 Giugno 2020 - 15:33)

    Grazie a chi ha scritto questa nota.
    Il Sacerdote che mi ha battezzato e dal quale ho ricevuto la mia prima Eucarestia.Ha celebrato le nozze di mia sorella. Un amico fraterno dei miei genitori.Per loro un fratello,per noi uno zio.Grazie don Mimi’ per tutto l’ amore ,che ci hai donato.

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