Il rischio di costruire una città senza Dio

Colpisce, con l’avvicinarsi delle prossime elezioni di maggio, che tutti, nessuno escluso, tornino a dirsi europei convinti. Per tanti, che fino a poco tempo dichiaravano morto il Vecchio Continente e la civiltà europea, sembra che il mondo sia tornato all’improvviso ad essere “eurocentrico”. Addirittura, in molti si sono affrettati a ricordare, il 21 marzo scorso, il transito di san Benedetto, patrono d’Europa.

In pochi hanno invece ricordato che in quello stesso giorno terminava il pellegrinaggio terreno Madre Anna Maria Cànopi, fondatrice dell’abbazia benedettina Mater Ecclesiae sull’Isola di San Giulio, in diocesi di Novara. Mistica, di profonda spiritualità e cultura, tra le poche donne ad aver scritto le riflessioni ad un Papa, Giovanni Paolo II, per una via Crucis. Lo stesso Pontefice che aveva tanto implorato la politica perché venissero riconosciute le radici giudaico cristiane dell’Europa.

Mi sembra questa la chiave per capire la schizofrenia di un tempo in cui viene chiesto all’Europa di tornare ad essere più umana e accogliente dopo averle tagliato le radici, privando di diritto di cittadinanza al suo interno l’antropologia e la visione cristiana della vita. Eppure, «il primo servizio che la fede fa alla politica è la liberazione dell’uomo dall’irrazionalità dei miti politici che sono il vero rischio del nostro tempo», affermava il cardinale Joseph Ratzinger il 26 novembre del 1981 durante una Messa per i deputati cattolici del parlamento tedesco nella chiesa di san Winfried a Bonn. E diventato Papa con il nome di Benedetto XVI ricordava: «Ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane oggi il fondamento di ogni vera cultura» (Incontro con il mondo della cultura, Collegio dei Bernardini, Parigi, 12 settembre 2008).

Questo rischio di costruire una città dell’uomo senza Dio è molto forte anche da noi, dove la dimensione della fede non è apertamente ostacolata eppure corre il pericolo di rimanere irrilevante sul piano pubblico, ridotta nell’immaginario collettivo ad agenzia morale e organizzazione umanitaria. Non si spiegherebbero altrimenti lo stupore e l’incomprensione di fronte agli ammonimenti duri ed esigenti dei pastori a difesa della causa dei dimenticati, delle vedove, degli orfani e dei poveri, ignorando che compito della Chiesa è da sempre quello di risvegliare e scuotere le coscienze: quelle degli ipocriti, potenti e sicuri di sé con la loro giustizia esteriore, perché permettere al prossimo di dimenticarsi della religione o di lasciare che la sua coscienza inaridisca e muoia significa non mostrargli amore, mentre è segno di amore tormentare il prossimo perché si risvegli a Dio e perché possa diventare nuovamente una persona che ama (Omelia di Papa Benedetto XVI a Castel Gandolfo il 4 settembre 2005).

E perché si risvegli la sensibilità dell’uomo per la verità, per Dio, e dunque ritrovi il coraggio di vivere secondo coscienza e, in questo modo tenere aperto lo stretto passaggio tra anarchia e tirannia, che non è altro che la stretta via della pace. «Il dissolversi delle certezze primordiali dell’uomo su Dio, su se stessi e sull’universo – la dissoluzione della coscienza dei valori morali intangibili – è ancora e proprio adesso nuovamente il nostro problema e può condurre all’autodistruzione della coscienza europea, che dobbiamo cominciare a considerare come un reale pericolo (Cardinale Joseph Ratzinger, Biblioteca del Senato della Repubblica Italiana, Lectio magistralis del 13 maggio 2004: Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani). Un pericolo per tutti, anche per noi, e dalle molteplici facce.

Antonio Pintauro

Direttore de “La Roccia

Autore dell'articolo: Antonio Pintauro

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