Nel mondo dello sport, in particolare, in quello del calcio l’allenatore rappresenta il motore di un’automobile, l’alimentazione di una macchina costruita ad hoc, che deve dimostrare di avere potenza e di non rompersi mai. L’allenatore appare come la guida, come colui che abbia le competenze tecniche per progettare un circuito vincente, ma quanto risulta importante, invece, la componente psicologica?
Spesso gli allenatori sono ex calciatori che conoscono molto bene i vantaggi e gli svantaggi del gioco del calcio, sono ex campioni o comunque ex atleti affermati che, ai loro tempi, magari avevano anche segnato risultati importanti, ma quanti di loro sanno ESSERE allenatori e non FARE gli allenatori? Quanti hanno la capacità di gestire un team e motivarlo, quanti sanno rapportarsi con giovani ragazzi di 20 anni, ai quali è stata data in mano la chiave del successo, m senza spiegar loro come indirizzare quella chiave?
L’allenatore deve essere un po’ il papà, con l’autorevolezza del coach e l’amore del nonno che accarezza il viso del nipote, deve essere l’angelo pronto ad accogliere le frustrazioni avvertite in caso di sconfitta e il diavolo pronto a battere i pugni in caso di svogliatezza.
Ricordiamo che prima di essere calciatori, i ragazzi sono giovani post adolescenti e gli allenatori, prima di essere tali, sono uomini con esperienze di vita, sogni e speranze.
di Gleidy Ottavis