E sì, cari lettori del Pappecio, era nostra intenzione ritornare a voi dopo la pausa estiva con notizie piacevoli, incoraggianti per i tanti italiani ed invece no, pur volendo, non ci è possibile. Dopo il terremoto politico estivo causato dal divorzio tra Lega e M5S, ci ritroviamo a raccontarvi del matrimonio “forzato” tra PD e Movimento 5 Stelle. Per molti italiani e soprattutto per molti elettori sia del M5S sia del Partito Democratico, questa unione sa molto del romanzo manzoniano “sto matrimonio non sa da fare”.
Perché non si doveva fare? Forse perché, nella genesi storica, diversi e quindi potrebbero partorire qualcosa di mostruoso? O perché l’uno potrebbe resuscitare politicamente l’altro? Staremo a vedere, ma è opinione diffusa delle difficoltà oggettive e soggettive di tenere in piedi la famiglia giallorossa, anche e soprattutto delle rinnovate intemperanze del giamburrasca Renzi che prima ha implorato papà Zingaretti di costruirgli il trenino politico e dopo un po’ che ci ha giocato, minaccia di gettarlo perche non funziona e si infastidisce quando vogliono giocare anche gli altri. Insomma a detta di molti siamo passati dalla padella alla brace, peccato che sulla brace ci sono sempre e solo gli italiani, un popolo che sopporta e mai insorge. Abbiamo da rispettare i trattati, le scadenze, scongiurare l’aumento dell’Iva. Molte sono le critiche sia dal mondo politico sia dalla società civile, poche le coerenze, tante le incoerenze di alcuni personaggi politici.
Tra questi brilla per coerenza Carlo Calenda che nel rispetto sia dei valori della sinistra, ma soprattutto del passato prossimo politico e delle divergenze tra il suo partito e M5S, ha preferito un percorso alternativo a quest’alleanza giallorossa. Questa la coerenza. Le incoerenze del PD: Renzi, pur di rivedere la luce, spinge Zingaretti all’accordo con i nemici che oramai sono amici, Franceschini riconosce come validi alleati gli avversari del giorno prima e “dulcis in fundo” il presidente Mattarella benedice le fedi nuziali. Nel versante giallo, quasi a testimonianza delle varie epatopatie politiche di cui soffre il M5S, la coerenza non è più un valore, e sua eccellenza il Grillo mutuando, ancora una volta, il Manzoni decreta che questo matrimonio si deve fare con il plauso dei tanti parlamentari eletti che tirano un respiro di sollievo, che sono corsi a sussurrare alle proprie mogli “sai cara, hai ancora un marito parlamentare e possiamo continuare a pagare il mutuo” e rimangono saldamente attaccati alla poltrona.
Bello no!!! Questa è la politica odierna dove la resilienza non è più prerogativa specifica della fisica, ma anche e soprattutto una caratteristica di tanti figuri politici. Questo ha generato, nella pancia elettorale del Movimento 5 Stelle, torpore, coliche, rigetto che inevitabilmente si traduce nel dissenso. Tuttavia come sempre, corre ai ripari l’insindacabile piattaforma Rousseau di Casaleggio che, puntualmente tramuta, attraverso il voto figurato degli iscritti, il volere di pochi al desiderio dei molti. Il ragazzo di Pomigliano gioisce, e racconta di come è stato difficile l’accordo con il PD e di come le necessità del popolo vengono prima di ogni altra cosa.
Nel frattempo si libera delle insidie del Ministero del Lavoro, passa di mano le vertenze dei tanti lavoratori e si rifugia in un ministero che sulla carta gli dia più garanzie di visibilità e maggiore serenità. La resilienza, ossia la qualità specifica di un corpo ad adattarsi ai cambiamenti, caratterizza Giggino Di Maio, tanto da essere ritenuto alla stregua dei peggiori trasformisti della vecchia DC.
Intanto nel trambusto della formazione del nuovo governo il pomiglianese non dimentica i vecchi amici, che sono gratificati. Altro che Parentopoli, diranno poi i duri e puri. Intanto la politica del movimento si dimentica dei territori, degli attivisti, quelli veri, storici, quelli che hanno fatto dei valori fondanti del grillismo una fede politica, e che ancora credono nel cambiamento. Lui è il capo politico, è stato votato dalla piattaforma, quindi può tutto. Ci chiediamo: saranno gli attivisti a delegittimarlo o Rousseau? Il torpore si sta facendo più acuto, prima o poi ci sarà da intervenire ed allora se ne vedranno delle belle. I gialli, seppur bastonati dalle consultazioni europee ed in calo di consensi, pur di non ricorrere al voto si aggrappano alla scialuppa PD, che aveva ed ha esigenze di recuperare il suo elettorato e di ristabilire degli equilibri nuovi all’interno del partito. L’importante è garantirsi la stanza dei bottoni senza se e senza ma.
Al diavolo le vertenze iniziate (vedi Whirlpoll) e mai concluse. Tutto questo viene benvoluto dal Grillo che dopo un po’ di anni ritorna nella sua naturale casa politica. Casaleggio nel frattempo che fa? Va all’ONU, racconta della società sostenibile, il tutto in ossequio all’ormai obsoleto detto grillino “uno vale uno”, mi correggo “Onu vale Onu”. Purtroppo non chiarisce come sostiene le sue società, ovvero attraverso due gigantesche compagini del pagamento digitale. Tutto questo mentre il governo giallorosso cerca di liberare l’Italia dal contante. Si sa quando il conflitto di interessi è nelle mura domestiche non puzza. Il giovane Casaleggio è diventato, in breve tempo, il governatore del M5S e chi governa comanda, altro che capo politico. In sintesi a questo governo è vietato fallire, quindi andranno a braccetto a “rotta di collo” anche per scongiurare un reciproco autolesionismo e favorire la formazione di armate allo sbando che possono offrire al popolo una classe dirigente mediocre come tale ministro Fioramonti, al momento priva di esperienza ed inadeguata alle aspettative del popolo italiano.
Staremo a vedere anche cosa emergerà dalla consultazione elettorale che si terrà in Umbria, che vede, con lo stupore dei tanti, la definitiva svolta a sinistra dei grillini, dove, paradosso dei paradossi, la scelta del candidato alla presidenza è ricaduta su di un signore che risponde di avere votato Forza Italia alle ultime elezioni. Assurdo, semplicemente assurdo. Alla faccia dei grillini umbri che hanno denunciato lo scandalo alla sanità, sarà un’ardua impresa spiegare l’apparentamento a qualche elettore ancora disposto a votarli. Se il buon giorno si vede dal mattino, allora saranno solo nuvole per Conte e company, mentre si aspettano le prossime mosse per le elezioni regionali che incombono.
Vincenzo Angelico