La perdita della centralità del lavoro nella società contemporanea ha stravolto la concezione del sé e il senso d’identità ad esso indissolubilmente legato.Iniziamo a sospettare che la precarietà sia il prodotto non di una fatalità economica, bensì una volontà politica. La precarietà infatti s’inserisce in una modalità di dominio fondata sull’istituzione di uno stato generalizzato e permanente di insicurezza che tende a costringere i lavoratori alla sottomissione, all’accettazione dello sfruttamento.
Viviamo con evidente realtà un regime politico che può instaurarsi solo con la complicità attiva o passiva dei poteri specificamente politici.La panchina del precario rappresenta un monito per chi a breve ci rappresenterà in parlamento, un messaggio chiaro dal mondo della scuola. Che non resti solo il solito strumento politico suonato in campagna elettorale sulle note della scuola, dei salari, un pourparler sul mondo del lavoro. Non vogliamo essere strumentalizzati, ma CONSIDERATI, un punto di partenza fondamentale resta per noi il precariato e l’aumento del salario.
Se da un lato, molte scuole non hanno l’organico sufficiente per iniziare l’anno scolastico, garantendo il diritto allo studio ai nostri ragazzi, dall’altro lato ci sono 250mila precari per altrettante cattedre vuote che potrebbero sanare questo gap. Precarietà, incertezza ed instabilità sono divenute così parole chiave per leggere la situazione attuale.La precarizzazione del lavoro e delle vite si presenta come il solito come un ping pong politico, una grave mancanza di rispetto.
MARIO BRASILE