Sembra assurdo doverlo ricordare, dovrebbe far parte del nostre essere, della nostra identità di Acerrani, ma spesso tendiamo a dimenticare che la nostra città è medaglia d’oro al valor civile.
Questa riflessione sulla nostra mancanza di conoscenza della nostra storia, della nostra identità, si è alimentata negli ultimi anni sino a raggiungere al culmine mercoledì scorso, durante la barbarie di via San Francesco D’Assisi.
Si guardi bene chi crede che sia una giustificazione del vandalo che ha sfasciato le macchine parcheggiate, quella persona dovrà pagare in sede giudiziaria fino all’ultimo danno la pena che gli verrà inflitta, ma quello su cui voglio porre l’accento è ciò che ne è immediatamente conseguito.
L’investimento su incitazione dei presenti, l’umiliazione che è stata riversata a quel corpo riverso a terra e la barbaria sui social sino alla genialata di qualche mio gaudente concittadino di organizzare le ronde – della serie come occupare nel modo sbagliato il proprio tempo- è un qualcosa di aberrante.
Molte di queste persone, questi leoni da tastiera, sono le stesse che in questi anni non hanno proferito parola contro gli eco mafiosi che hanno ucciso questo territorio, sono le stesse che si girano dall’altra parte quando vedono uno spacciatore vendere la droga ai ragazzini; sono le stesse che si vendono il voto per venti euro, una bolletta pagata o una busta della spesa, favorendo poi la creazione del degrado nella nostra città. Come se il colore della pelle facesse aumentare la gravità di un atto criminale se essa è più scura.
Le motivazioni per cui ci fu consegnata quella medaglia d’oro al valor civile sono scritte in epigrafe nel nostro DNA, e recitano “All’indomani dell’armistizio, oggetto di una spietata e sanguinosa reazione dell’occupante tedesco che aveva passato per le armi numerosi civili, tra cui anziani donne e fanciulli, e incendiato gran parte dell’abitato e delle infrastrutture, affrontava con fierezza le più dure sofferenze e intraprendeva, poi, con gran coraggio e generoso spirito di solidarietà, la difficile opera di ricostruzione”.
FIEREZZA, CORAGGIO e SOLIDARIETÀ . Se dimentichiamo queste caratteristiche, siamo destinati a scomparire come popolo venendo lentamente inglobati in quell’apatia sociale che altrove ha dissipato l’identità d’intere comunità. Per questo il mio invito ora è quello di iniziare a vivere realmente la nostra città, smettere di delegare, iniziare nuovamente a riscoprirci per poter ritornare ad essere noi facendo così rinascere il nostro territorio libero e vivo.
Michele Paolella